Sommerso dai segni con cui scienza, economia, religione, psicoanalisi, sociologia l’hanno di volta in volta connotato, il corpo è stato vissuto come organismo da risanare, forza lavoro da impiegare, carne da redimere, inconscio da liberare: nel corpo, nella repressione della sua naturale ambivalenza, è leggibile la storia culturale dell’Occidente. Come argomenta Galimberti, “dalla ‘follia del corpo’ di Platone alla ‘maledizione della carne’ nella religione biblica, dalla ‘lacerazione’ cartesiana della sua unità alla sua ‘anatomia’ a opera della scienza, il corpo vede concludersi la sua storia con la sua riduzione a ‘forza-lavoro’ nell’economia, dove più evidente è l’accumulo del valore nel segno dell’equivalenza generale, ma dove anche più aperta diventa la sfida del corpo sul registro dell’ambivalenza”.